Questa torre fu probabilmente edificata nel 1662, per volere di Alessandro VII, da cui deriva il suo nome. Altri documenti, però, si riferiscono ad essa chiamandola Torre Gregoriana, riferita cioè al papa Gregorio VIII. Una storia simile ha la Torre Niccolina, chiamata anche Torre di Pio V (è indubbio se quella fatta edificare da Pio V sia un’altra torre o se si tratta, per esempio, di un restauro di quella voluta da Niccolò V).
A chiamarla Torre Gregoriana è proprio Giuseppe Valadier, nel disegno del suo progetto per il nuovo borgo di Fiumicino. E in effetti il papa Gregorio VIII, nel 1582, ordina di pagare 205,70 scudi per la costruzione della nuova torre a Porto. Potrebbe trattarsi di questa torre, come anche di quella di Sant’Ippolito (il campanile trasformato in torre). In attesa che il mistero venga svelato, possiamo dire che si trovava sulla riva destra del canale (come originariamente la Torre Niccolina e come, del resto, anche la Torre Clementina, che oggi dà il nome alla frequentata via di Fiumicino) e a soli cento passi dal mare.
Il visitatore e revisore delle fortezze della spiaggia Romana, Giuseppe Miselli, ci fa sapere con una descrizione e un disegno l’aspetto della Torre Alessandrina. Era diverso da quello usuale delle torri, perché aveva dei contrafforti particolari sugli spigoli. Per entrarvi, vi era una scaletta di legno che in caso di necessità poteva anche essere tolta e l’accesso avveniva sopra la cordonata della scarpa.
Nel 1742 la torre venne già giudicata “inutile” al suo scopo di difesa. Una congregazione camerale ha infatti notato come il tiro del cannone non fosse sufficiente ad impedire ai nemici di attaccare il territorio, perché la torre era troppo lontana dal mare. Per questo si suggerì di usare la Torre Alessandrina come osteria e forno e di costruire una nuova torre: poco più di trent’anni dopo, infatti, venne costruita la Torre Clementina.
Quando la Torre non ebbe più la funzione di guardia e
controllo, il conte Ferdinando Giraud chiese al Pontefice Pio VI la concessione
in affitto della Torre e di una porzione di terreno circostante. L’affitto fu
concesso nel 1775, in cambio di due libbre di cera bianca lavorata all’anno e
l’obbligo di mantenere l’edificio e restaurarlo quando serviva. Dopo un periodo
nelle mani del conte Giraud e dei suoi figli, la Torre tornò alla Reverenda
Camera Apostolica nel 1819 (dal 1 gennaio vi fu istituito il servizio di
dogana). nel 1823 fu realizzato un palazzo a due piani addossato al fianco
destro verso mare. Dal lato opposto fu realizzato un altro palazzetto ad uso
civile. Molti credono che la torretta che oggi si nota nelle vicinanze del
Ponte Due Giugno, arrivando da Via Portuense, e che sovrasta una serie di
palazzi affiancati a schiera (le prime case del borgo) sia l’antica Torre
Alessandrina. In realtà, la storia della Torre Alessandrina non termina con
l’ubicazione della dogana, e quella che oggi vediamo è in realtà un altro
edificio.
La torre che vediamo oggi, confrontandola con le stampe d’epoca, non somiglia all’antica Torre Alessandrina. L’antica torre presentava infatti uno spigolo rivolto al mare (e non un fianco), era ruotata di 45 gradi rispetto all’argine ed era poco più alta dell’edificio attiguo che ospitava la dogana (quella di oggi, invece, risulta essere molto più alta della sede della dogana). Dunque, si tratta di edifici diversi. Che fine ha fatto l’originaria torre?
L’avvocato Ignazio Noccioli, nel 1878, comprò l’edificio a lato della torre, perché aveva intenzione di trasformarlo in un albergo (è proprio Noccioli a voler portare la ferrovia fino a Fiumicino). La fatiscenza della vicina torre, però, rappresentava un pericolo: per questo Noccioli cominciò a chiedere al demanio dello Stato che la torre fosse restaurata o demolita.
Il demanio dello Stato non aveva intenzione di sostenere un’ingente spesa per restaurare una torre che non aveva più alcuna funzione. Per questo, chiese un parere al Ministero dell’Istruzione Pubblica, Direzione Generale dell’Antichità e delle Belle Arti, che a sua volta chiese consiglio all’Ispettore generale delle Antichità. Quest’ultimo rispose che la torre non aveva alcun pregevole ricordo storico né alcun valore artistico, pertanto poteva essere tranquillamente rasa al suolo ma, se nel corso dei lavori fossero stati rinvenuti oggetti di particolare valore storico o artistico, dovevano essere ceduti allo Stato.
A questo punto intervenne il Ministero dei lavori pubblici, che sospese la vendita. A suo parere, infatti, l’area che sarebbe risultata dalla demolizione della torre non doveva essere ceduta, perché sarebbe servita ad ampliare la banchina murata e a far arrivare il binario della ferrovia al servizio di quest’ultima. Alla fine si trovò un accordo: Ignazio Noccioli poteva mantenere la proprietà dell’area ed ottenere la demolizione della torre ma in cambio avrebbe dovuto demolire anche una parte del suo edificio per consentire i lavori pubblici. Con il nuovo parere favorevole del Direttore Generale delle antichità, la Torre Alessandrina fu distrutta. Venne costruito un nuovo edificio a vaga somiglianza della Torre Alessandrina e la torretta che vediamo oggi è la tromba delle scale di questo nuovo edificio.
Fonti: Fiumicino tra cielo e mare: una storia da vedere, di AA.VV., Publidea 95, 2000